Fieri di non essere
di Massimiliano Forgione - 10/06/2008
Ritengo che ormai viviamo in una società fortemente nuclearizzata,
intollerante, egoistica, razzista. Riconoscerlo
è problematico, per questo,
evitiamo di parlarne. All’estero
ci percepiscono come: depressi,
poco seri, poco inclini al lavoro,
furbi, omertosi, gente che pensa al proprio tornaconto e non disdegna di farlo a discapito del prossimo.
Noi, diciamolo a chiare lettere,
non sappiamo neanche più come definirci. Quando vogliamo essere magnanimi, tentazione assolutrice ricorrente, pur ridotti come siamo abbiamo la faccia tosta di richiamare
romantiche immagini del passato
che ci hanno dato tanto lustro
ma che ormai sono sbiadite. Per
quel che diamo al momento siamo riconoscibili per: il rosso della Ferrari,
la moto di Valentino, la nostra
classe politica corrotta, condannata e autoassolta, Berlusconi e poi la
mafia, la camorra, la ‘ndrangheta.
Neanche più i prodotti da tavola:
le mozzarelle di bufala sono alla
diossina, i vini Brunello e Chianti
hanno perduto la loro credibilità e si mette in discussione il marchio di
denominazione di origine controllata
e garantita, gli olii vengono fatti con liquidi di bassa qualità provenienti
da Spagna, Grecia e Tunisia,
il pane lo fa anche la Camorra,
con lievito avariato e bruciando di
tutto, tra cui plastica, cortecce di nocciole trattate con antiparassitari e legni di vecchi infissi con vernice,
l’aceto di Modena in realtà lo fanno
ad Afragola. Ecco il Made in Italy!
Ce lo rifiutano.
Sì, diciamolo a chiare lettere:
non sappiamo più quel che siamo e se solo provassimo a ricercare delle definizioni con l’amore perla verità, credo che dovremmo
vergognarci!
In questi ultimi anni abbiamo assistito a tutto ciò poteva darci sdegno, i rifiuti in Campania sono la chiara espressione di quanto l’avidità dell’uomo è in grado di produrre, oltre è difficile
andare ma ci riusciremo. Perché
pensiamo che i nostri problemi siano realmente risolvibili dai
cialtroni che siedono in Parlamento:
il lavoro mal retribuito e
precario, la tanto amata sicurezza, i prezzi troppo alti, gli affitti e
mutui insostenibili, e poi il problema
ambientale, della sanità, della
giustizia e la lista sarebbe infinita,
ma è quanto dobbiamo subire per essere così reticenti, arrendevoli;
perché non abbiamo la volontà di un benché minimo impegno in prima
persona, per invertire la rotta,
per incominciare a relativizzare tutto quanto ci crea disagio.
I problemi che oggi ci cambiano le esistenze in modo irreversibile
hanno una origine molto più ampia del nostro pezzetto di terra, appendice
fallica di un grosso genitale:
l’Europa. Le guerre combattute nel mondo, la fame che uccide ogni frazione di secondo, l’ambiente che
si sta deteriorando, sono grandi questioni che dobbiamo affrontare tutti, nel quotidiano, attraverso scelte consapevoli e senza più demandare
una responsabilità che è soltanto nostra.
Questa globalizzazione a senso unico, fruttevole solo per i ricchi, ci dà una grande opportunità: cambiare
il mondo anche standosene
nella propria amata casa. Non c’è
più bisogno di andare in India, in Africa, in America latina, il ruolo
di persona giusta può essere svolto
perfino da un leghista: standosene ognuno a casa propria!
Certo, poi ci vuole la consapevolezza
che la propria felicità sia impossibile
senza quella altrui e che allora, operare determinate scelte,
sia imprescindibile. Ci vuole la
certezza che la propria casa pulita e curata sia poca cosa se intorno
tutto è putrido e poi, ci vuole la certezza
che il mondo che rimane fuori
del nostro piccolo orticello si voglia realmente viverlo.
Alcuni esempi: perché continuare a destinare i propri risparmi ad altre banche sapendo che Banca Etica è l’unica che non investe in modo
sporco? Perché continuare a comperare
prodotti trattati lungo tutta la filiera e trasportati attraverso il globo quando si possono acquistare direttamente dal produttore risparmiando
a questo pianeta rifiuti e
inquinamento? Perché acquistare acqua se essa scorre dai rubinetti della propria casa? Perché acquistare
prodotti griffati lavorati da bambini e operai sfruttati e sottopagati?
Gli atti responsabili sono tanti e implicano una vigilanza costante
delle nostre azioni quotidiane. E’ la
rivoluzione dei consumi che dipende
solo da noi.
Ecco perché nulla cambierà e perché
continueremo ad essere brutti,
psicosomaticamente repellenti.
Perché continueremo a non scegliere
credendo di farlo e seguiteremo ad alimentarci e a consumare male
pensando che tutto ciò che troviamo sugli scaffali dei nostri centri commerciali
sia buono per il solo fatto che vi sia arrivato.
E’ proprio vero, il popolo italiano è un bambino, vivrebbe in questa condizione di deresponsabilizzazione,
per sempre. Lo vede come un
diritto. E se poi non ottiene quello per cui ha dato il voto, si arrabbia,
e crede subito ad un altro che
gli promette, in cambio del consenso,
tutto ciò che vuole sentirsi dire.
Ignora, volutamente, che questi politicanti sono uomini, come noi,
persi e stanchi, che annaspano nella ricerca di approvazioni perché anche loro devono vivere.
E così,
mentre si affida al demagogo di
turno, l’italiano si arrabatta, vive
alla meglio, con le sue piccole e
grandi contraddizioni, frustrazioni,
insoddisfazioni che diventano
persino motivi di battaglia programmatica:
la famiglia, la fede, la
patria, l’aborto in nome della vita,
personali espressioni di stati patologici
di esseri all’ultimo stadio, per
poi ritrovarsi anno dopo anno nudo,
insicuro, ignorante, più stupido di
prima e solo. Già, l’italiano è così,
e in nome di una buona manciata
di ideali e del miraggio di un buon
PIL, fa anche sacrifici, chi più, chi
meno; poi la sera, c’è chi accende
la tv e si lobotomizza con l’idiozia
catodica, chi lo fa con le droghe, chi
con le passerelle effimere dei locali,
degli happy hour, chi a sfoggiare
l’ultimo Dolce e Gabbana, squallido
reperto di stile made in Italy.
Una colata di cemento, fuori e
dentro. A Milano per Expo 2015 ce
ne sarà per 20 miliardi, a Bergamo
la gittata per quest’anno è di 120
milioni e si costruiranno oltre 5.000
appartamenti per continuare a lasciarne
altrettanti sfitti. Le nostre
teste sono come quella del disegno
di copertina, empie e inutili, così
ansiose di rimanere ben salde a
terra per non correre più il rischio
di dover pensare.
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